“Nessuno strumento esterno può decodificare e leggere il corpo umano meglio di una parte di esso in cui è riflesso e contenuto il tutto” - Padre Emilio RattiQuando ho sentito uno dei più grandi Iridologi del nostro tempo, Padre Emilio Ratti, uno dei miei insegnanti, sostenere l’importanza di avere le foto delle proprie iridi e guardarsi almeno un quarto d’ora al giorno “negli occhi”, ho sorriso. E poi ho provato. Ho finto di non sapere nulla, ed ho fissato intensamente il mio stesso sguardo per capire dove stavo. È diverso che guardarsi allo specchio.
La sensazione è stata sorprendente. Ed è per questo che se già prima utilizzavo un iridoscopio fotografico, ora sono ancora più convinta del suo valore.
La propria mappa del tesoro, così mi piace chiamarla, lì davanti a sé. Una meraviglia!
Questo non è lo spazio di una lezione in cui dire cosa significhi un segno piuttosto che un altro.
È invece lo spazio per comunicare l’emozione di scoprirsi con una delicatezza ed al tempo stesso una forza rare da trovare.
Nell’iride vi è il riassunto puntuale di tutto il sistema, fisico, mentale, emozionale ordinato per priorità.
Esatto, proprio come facciamo noi nell’organizzare la giornata. Non tutto insieme modello valanga, ma quello che nel momento presente prima di altro si mostra per raccontarci cosa ci tiene in scacco e manco lo avevamo considerato.
Bravura dell’iridologo, quella di non correre e di svelare in modo gentile ciò che legge.
Guardiamo l’occhio: unico organo esposto all’esterno, fragilissimo e delicato, ci da però la possibilità, posandolo su qualcosa o qualcuno, di incenerirlo! In esso è contenuta l’essenza della nostra anima e la vitalità dello sguardo è il riflesso di quella dell’intero sistema.
Intraprendere un percorso iridologico significa mettersi a disposizione del proprio meccanismo di lettura.
Ognuno vede le cose per come è, non per come sono. E l’occhio questo registra, imprimendo segni nella sua zona colorata e non solo. Se sono in un modo e non lo so, rischio di agire e muovermi secondo lo schema di qualcun altro, soffrendo.
È ovvio che vi sono cose da fare secondo certe regole, ma quando ci si allontana dalla propria essenza si è in difficoltà. Facciamo un esempio: la mia abilità è quella di preparare il dolce e detesto preparare il secondo. Non dico nulla e per la prossima cena in compagnia mi affibbiano la preparazione di un bell’arrosto. Lo farò…sudando sette camice, ma lo farò. Questo non significa che non debba avere quel pizzico di auto-competitività per superare me stesso, ma lo sforzo, in natura, non è contemplato. Nel sistema vige la regola massima resa-minino sforzo. E noi nel sistema stiamo!
Recuperare il proprio alfabeto per metterlo a disposizione del quotidiano, per essere più funzionali alla rete cui apparteniamo, per preservare la salute fisica e mantenere l’equilibrio essenziale a sostenere la marcia della Vita.
Antoine De Saint Exupéry ne Il piccolo principe ci dice “Bisogna esigere da ciascuno ciò che ciascuno può dare” ed è proprio nel riconoscere quello che ognuno può dare che l’intreccio di noi tutti prende senso.
Ricominciare da sé. Il solo punto fermo della nostra esistenza.